Una trattazione teorica completa delle cadenze è disponibile nei trattati di armonia come il Piston. In questa sede vengono richiamati alcuni concetti fondamentali utili ai fini di una descrizione di massima del meccanismo cadenzale che è indispensabile per procedere nello studio dell’improvvisazione.

Il termine “cadenza” origina nell’uso che se ne faceva ancora prima del nascere dell’armonia moderna, quando ancora la polifonia dominava i costumi musicali in Europa. Il termine indicava, nella musica strumentale evolutasi durante tutto il ‘500, un movimento melodico conclusivo. In seguito il significato si è allargato ad intendere un qualunque punto, anche solo momentaneamente conclusivo, all’interno del discorso musicale. “Cadenza” ha passato poi a significare “movimento armonico” e l’insieme delle “cadenze” corrisponde oggi all’insieme dei vari modi di combinare gli accordi nel movimento verso la Tonica (il primo grado della scala).

Come è noto i numeri romani vengono utilizzati per nominare i gradi della scala (vedi: la scala maggiore). Cadenza II V I significa dunque cadenza che procede attraverso i gradi “secondo” , “quinto” e “primo” della scala di riferimento più importante che è la scala maggiore.

Ogni grado individua per prima cosa il suono che gli corrisponde. Nel caso della tonalità di DO maggiore i suoni fondamentali della cadenza  II V I sono quindi le note RE SOL e DO. In secondo luogo la cadenza riguarda gli accordi costruiti su di questi gradi.

Movimento melodico

Il movimento tra le note RE SOL e DO costituisce di per se’ una cadenza II V I in quanto lo spostamento di quinta discendente tra due suoni identifica il primo come armonico del secondo ( vedi: serie delle armoniche naturali)  In termini pratici questo significa che suonando un DO con il sax è possibile sentire all’interno del DO, a volume molto inferiore, il SOL stesso. Dopo aver suonato il DO, quindi, l’orecchio riconosce il SOL come nota affine che sospende l’ascolto in attesa di un ritorno alla fondamentale. Pur non essendo risolutiva questa spiegazione ci aiuta a stabilire una connessione tra i meccanismi cadenzali e la natura stessa dei suoni, che però, non scordiamo, sono stati organizzati diversamente da altre culture musicali. Questo ci fa capire come buona parte della “naturalezza” con la quale sentiamo collegare i diversi accordi nelle cadenze, ha origini nella consuetudine culturale nella quale ci muoviamo.

Dal punto di vista dell’ascoltatore, a rendere possibile la percezione della affinità fra i suoni e di conseguenza quella fra gli accordi nelle varie cadenze, è la “memoria di lavoro” nel nostro cervello che trattiene il suono sentito per primo come riferimento per i successivi. La cadenza V I è quindi conclusiva per eccellenza nel discorso musicale e rappresenta il più comune modo di muovere alla tonica dopo averla lasciata. Va da se’ che dopo aver ascoltato una o due canzoni che contengono questa cadenza l’orecchio sarà già pronto ad accettarla anche senza iniziare con la tonica. La cadenza quinto/primo può anche presentarsi dunque in un brano che inizia direttamente dal quinto grado ed essere accettato dal nostro orecchio senza problemi. Procedendo in questo modo la nostra capacità di ascolto, già dai primi anni dell’infanzia, si amplia a dismisura includendo nella sua esperienza tutti i vari tipi di cadenze di cui i brani sono composti e che sono elencati in questa pagina di wikipedia.

La prima parte della cadenza è anch’essa formata da un movimento di quinta discendente. RE è infatti la quinta di SOL e quanto detto sopra trova di nuovo applicazione. La cadenza II V I è quindi composta dunque da tre accordi della scala ognuno dei quali è quinto grado del seguente. La concatenazione di accordi potrebbe proseguire in modo simile a formare una progressione di più battute proprio come avviene nei brani più in uso nel Jazz.

Movimento armonico

Procedendo nel discorso vediamo ora gli accordi costruiti sui gradi due, cinque e uno della scala maggiore:

Pagine da DUE CINQUE UNODm7 formato dalle note RE FA LA e DO

G7 formato dalle note SOL SI RE FA

e DO maggiore settima formato da DO MI SOL SI

Le note che caratterizzano ognuno dei tre accordi aiutandone la definizione della funzione armonica sono terza e settima. Fondamentale e quinta non danno infatti informazioni sul modo ( maggiore o minore) ne’ sulla funzione armonica (tonica, dominante o sottodominante). Qualche delucidazione su questo concetto si può avere nella pagina dedicata alle linee guida.

Analizzando il movimento di terza e settima degli accordi suddette note si può dedurre che l’intervallo di 5° FA DO neutro e molto consonante contenuto nel primo accordo (Dm7) si trasforma in un intervallo di 4+ (tritono) fortemente dissonante. La dissonanza è sinonimo di instabilità e spinge ad un movimento verso una situazione sonora meno tensiva dove gli intervalli fra le note siano percepiti come armoniosi e consonanti. Muovendo verso la tonica ( accordo di DO maggiore) l’intervallo di tritono lascia quindi il posto, nel terzo accordo, ad un dolce intervallo di terza. Il movimento avviene proprio in corrispondenza dei due intervalli di semitono presenti nella scala maggiore FA/MI e SI/DO.

In pratica la cadenza governa la transizione tra i due più forti centri di attrazione nella scala che sono gli accordi maggiori del  primo (tonica) e del quarto grado (sottodominante). Il movimento cadenzale completo vede quindi la successione dei tre pilastri della scala maggiore: SOTTODOMINANTE – DOMINANTE  – TONICA. Questa transizione può essere estesa anche agli accordi che ricadono nella sfera di influenza di primo e quarto grado secondo la seguente “mappa”

 

Gruppo di tonica: I – III – VI
Gruppo di sottodominante: II – IV
Gruppo di dominante: V – VII

(prendendo ad esempio la tonalità di DO):

Gruppo di tonica: Cmaj7, Em7, Am7 (non contengono il FA)
Gruppo di sottodominante: Dm7,Fmaj7 (contengono il FA e non il SI)
Gruppo di dominante: G7, Bm7b5 (Accordi che contengono FA e SI )

Come si vede i tre gruppi vengono distinti dalla transizione della 4° nota della scala (in questo caso FA) all’interno di essi. Tale transizione conduce dagli accordi meno tensivi (gruppo di tonica) verso quelli maggiormente lontani dalla tonica il cui suono tensivo è caratteristico e viene determinato dall’intervallo di tritono formato da Fa e SI.

La dissonanza di tale intervallo è stata prevalentemente utilizzata nella musica europea come momento di tensione contrapposto alla pacifica consonanza dell’accordo di tonica. Questo alternarsi di tensione e rilascio da luogo ad un movimento che proietta in avanti il discorso musicale creando all’ascolto una attesa continua di tensione/risoluzione.

 

Per ripetere il concetto con parole diverse  per aiutarne la comprensione, vediamo di nuovo come l’accordi di G7 che contiene l’intervallo SI-FA risolve sul primo grado nel modo seguente:

Aggiungendo alla sequenza il secondo grado il movimento delle voci importanti è il seguente:

Imparare il Jazz

Coerentemente con l’impostazione didattica tradizionale del jazz e con l’intento di sviluppare le capacità improvvisative l’interiorizzazione della cadenza II V I viene perseguita attraverso la memorizzazione e la successiva trasformazione del materiale melodico di repertorio jazzistico nel quale tale cadenza viene utilizzata. Trasformare la teoria in pratica è un procedimento, a parere di chi scrive, assolutamente sopravvalutato. Il jazz può essere solo trasmesso di persona da un musicista ad un altro in un processo creativo dove la teoria si configura come arricchimento di un momento istintivo coltivato a priori. Per svolgere i compiti di conservatorio o imparare ad improvvisare usa le lezioni online.